Ci sono delle volte, tante, forse troppe, in cui decidiamo di
partire con la necessità di staccare la spina dalla quotidianità
congestionata e con la precisa idea di rintanarci in un angolo
di modo e chiudere i contatti con tutto e con tutti, ignorando
qualunque cosa al di fuori di quello specifico punto in cui
abbiamo deciso di andare a nasconderci. Questo è il racconto
delle strade che ho percorso, poche, uscendo da uno dei rifugi
prescelti e andando a curiosare il mondo oltre i confini
autoimposti.
Così una sera, dopo un paio di giorni sono uscita dalle porte dell’albergo per dirigermi verso Mahdia, il centro più vicino. In mezzo lungo la costa, si incontrano molte persone.
Si dice che due ruote siano sinonimo di libertà. Non lo so, la mia libertà è sempre stata uno stato mentale in primis. Mi piace immaginare quell’uomo, che finita la lunga giornata di lavoro, e con quel caldo deve essere stata interminabile, non vedesse l’ora di salire sulla sua vespa, per sentire finalmente un po’ d’aria carezzargli la faccia, asciugargli il corpo, sentirsi per un seppur breve momento leggero come un uccello, per poi fermarsi a contemplare ascoltando lo sciabordio delle onde, la vastità del mare.
Sulla strada verso il centro si costeggia il mare, così come il
cimitero; non è un paesaggio triste, ma è parte integrante del
tessuto prima esterno e poi urbano.
Perdersi nelle viuzze strette al calar della sera ha un suo
fascino discreto. Consente di cogliere i primi profumi dei fiori,
degli odori delle cucine dove si inizia a preparare la cena, c’è la
tranquillità della fine di una giornata di lavoro, gli ultimi
schiamazzi dei bambini che rientrano nelle case, gli uomini
che si ritrovano ai caffè a raccontarsi la giornata prima di
tornare dalle loro mogli. Piccoli spaccati di vita quotidiana,
uguali eppur diversi, in ogni dove.
Passeggiando per le strade costiere della città si ha la
possibilità di scorgere non solo il mare e la costa in tutto il
loro splendore, ma anche i pescatori, intenti nelle attività loro
quotidiane. Ora come allora non posso fare a meno di avere
in mente le parole de “il pescatore” di de Andrè, anche se non
dormiva e non aveva appena condiviso cibo e vino con un
passante occasionale. Resta un pescatore sereno a piedi
scalzi, seduto all’ombra dell’ultimo sole poco oltre il ciclo
della strada, intento a ricucire la sua rete, pronta da
riutilizzare il giorno dopo.
Continuando la passeggiata le meraviglie della quotidianità
da ammirare non mancano, dai gatti che dormono sulle reti a
riposo ai ragazzini che si rincorrono o giocano a palla, le
piccole barche colorate attraccate in fila a dipingere un
quadro che al tramonto da forse il meglio di sè.
Non tutte le strade del rientro a casa dopo una giornata di
lavoro passano per un nastro di asfalto: a volte hanno
l’incedere lento e ritmico, quasi stanco, dei remi che battono
l’acqua, e questi quattro uomini, uniti nella fatica di una
lunga giornata guardano il mare dorato dagli ultimi raggi del
tramonto prima di tuffarsi per qualche minuto di divertito
ristoro.
E così come di giorno i vicoli sono deserti sotto il sole
cocente, la sera strade e locali si animano, il profumo delle
cucine inonda l’aria invitando alla festa, il chiacchiericcio
copre il rumore dei motori in strada e la lunga giornata volge
al termine con un’esplosione di vitalità. Voci, risate,
schiamazzi, pesce fresco alla griglia sul ristorante sul tetto,
guardando la vita scorrere in strada. la mia passeggiata così è
terminata, ma non la curiosità si scoprire il luogo. Il mercato
della città mi aspetta.
Le mie strade mi portano inesorabilmente verso il cibo, verso i
mercati settimanali o quelli fissi, verso i profumi pungenti
delle bancarelle delle spezie, fatte di colori accesi e ricordi
indelebili, o quelli più difficili del mercato del pesce o della
carne, magari senza banchi frigo. Amo il vociare degli scambi
di vita, della ricerca dell’ingrediente giusto, del tastare e
odorare. Non ho potuto non andare, già la mattina seguente, a
perdermi tra le bancarelle del mercato generale di Madhia. I
colori e i profumi restano indelebilmente impressi.
Si deve essere a volte davvero amanti del viaggio per
affrontare la luce abbacinante di certe strade durante la
canicola, con il caldo che non solo ti arriva dall’alto, ma ti
cuoce anche a partire dal basso. Gli occhi aperti a fessura
lacrimano per la luce troppo intensa, per i bianchi talmente
accecanti da diventare piatti e perdere la loro
tridimensionalità, nessuno si muove, neanche un gatto.