Passiamo la notte nei dintorni di Rochester, per poter arrivare a vedere le Niagara Falls non più tardi dell’ora di pranzo, gli orari sono sempre stabiliti dal piccolo tiranno, ed arriviamo con una punta neanche tanto piccola di delusione ad un parcheggio con attrazioni che pare una via di mezzo tra Disneyland e Las Vegas, mentre il cielo si chiude sempre di più.
Ci rassegniamo ad entrare in questo girone dantesco dovendo trovare un posto tranquillo, asciutto e caldo per provvedere alle necessità del Pulce: fast food, tavola calda, souvenir, informazioni turistiche e geologiche, il tutto senza soluzione di continuità. Finalmente usciamo dalla bolgia ed accediamo alla relativa quiete dei giardini che circondano le cascate.
Comincia a piovere. non una pioggia scrosciante e intensa, ma quella pioggerella fina, quasi novembrina, per la quale l’ombrello risulta pressoché inutile, per cui decidiamo di plastificare il passeggino con l’apposito attrezzo e di bardarci con le mantelle da pioggia. Mentre procediamo nei giardini aumenta sempre più il rumore cupo, pian piano si trasforma in una sorta di boato man mano che ci avviciniamo al fiume e quindi alla cascata.
Nessun documentario, foto o video visto ci ha preparati allo spettacolo della mole d’acqua incessante che arriva e cade, né al rumore; è la cosa che più ci colpisce. E’ uno spettacolo che non si riesce a descrivere, ti rimette al tuo posto nella scala naturale del pianeta terra: siamo delle formiche al suo cospetto.
Prendiamo l’auto e ci affacciamo anche dal lato canadese, da cui si possono ammirare entrambe le cadute, se non fosse che pioggia e nebulizzazione della cascata giusto quel giorno hanno deciso si regalarci una maestosa vista nebbiosa.
Il corso principale si divide tra Picton Street e Queen Street e pullula di locali, ristoranti, negozi, sembra il set di un film: aiuole curatissime, auto d’epoca tirate a lucido, carrozze, gente che passeggia. Ci immergiamo anche noi in quest’atmosfera estiva, caldissima per una giornata di settembre avanzato e oziamo curiosando tra le vetrine, guardando con particolare curiosità le pasticcerie: un tripudio di mele caramellate, biscotti decorati già in tema di Halloween, torte glassate, alcune talmente lavorate da sembrare finte, altre da far venire l’aquilina in bocca. C’è un negozio in tema natalizio (a settembre!!) ovviamente mi ci fiondo dentro, per scoprire il paradiso del kitch, giuro, mai visto così tante cose inguardabili tutte insieme. Credo che K abbia ancora il dente avvelenato…
Il sole ci sorprende anche il nostro secondo giorno a Toronto, e dopo una colazione luculliana in albergo, ed aver subìto l’assalto di tutte le addette della reception impazzite per i sorrisi di Pulce (elargiti solo al gentil sesso…) ci armiamo e via, a piedi e all’avventura alla scoperta della città. Certo non aver dimenticato nella fretta le guide turistiche a casa avrebbe aiutato ad essere più mirati, magari si, partire alla cieca e scoprire gli angoli che solo chi ci vive conosce, ma essere sicuri di vedere anche le cose che meritano ed arrivarci brevemente sarebbe forse stato utile.
Nel nostro peregrinare senza itinerario né destinazione attraversiamo quartieri residenziali in festa, mercati rionali in cui c’è in vendita di tutto, pure cose mai viste cui non sappiamo dare un nome né collocare in alcun settore merceologico, aree storiche, le strade dello shopping di lusso e di quello più massivamente da turisti, e attraverso il distretto finanziario, già chiuso e semi deserto, rientriamo in albergo, con il giovanotto felice del giretto, che gorgheggia o dorme beatamente nel suo passeggino.