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Quando i ritmi serrati della città mi privano delle energie tanto da chiedermi se mai le ritroverò, ecco, sento che è il momento di andare, di saltare sulla motocicletta amica e di allontanarmi. Man mano che i chilometri aumentano, l’aria si fa più respirabile, i colori si intensificano, il cemento si riduce per dare spazio al paesaggio. E la mente lascia andare i pensieri, e il corpo si affranca gradualmente dalle tensioni, dalle regole, dai doveri. Fino a raggiungere un lago tra i meno “patinati” della Lombardia, quell’Iseo le cui coste sono disseminate di borghi pittoreschi, incantevoli, a misura d’uomo in cerca di placidità.
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Mi sono svegliata a Xino, una frazione di Fonteno, dove, affacciandomi al balcone di primo mattino, mi si è stagliata dinanzi la distesa d’acqua più morbida e pacata che io abbia mai visto: il verso degli uccelli, il rumore di una trebbiatrice in lontananza era tutto quello che udivo e la mia vista e il mio olfatto sono stati invasi da bellezze e odori da cui l’uomo è sbalordito per quanto un tempo gli fossero familiari. E mangiare salame e formaggio a colazione è stata la giusta celebrazione di una giornata all’insegna della ri-scoperta della terra e del mio corpo intorpidito.
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Salendo per le strade di montagna, l’erba si è fatta di un verde carico e mi sono sdraiata tra i fiori di un campo aperto senza che nulla ci fosse tra me e il prato rigoglioso. Da lassù il lago, le rocce intorno, la miriade di alberi di specie varie mi hanno fatto sentire la gioia, quella vera, delle cose semplici, delle sensazioni primigenie. E ancora moto e ancora sentieri per riperdere quota e arrivare fino a Lovere, uno dei Borghi più Belli d’Italia, come recita lo stemma appeso a uno dei suoi storici edifici. Qui abbiamo passeggiato per le sue stradine, tra i palazzi di mattoni, fra le Chiese e la nota Torre Civica che mostra i chiari segni della dominazione veneziana. E ho inseguito delle suore di bianco vestite, agili e col naso all’insù: anche loro mi parevano conquistate dalla raffinata e pur semplice Lovere. Quando è giunta l’ora della merenda, ci siamo allontanati dalla folla della cittadina lacustre, per tornare a guardare tutto dall’alto. Così, senza un disegno preciso, abbiamo raggiunto Pisogne e salendo ancora, un agriturismo da cui ero convinta sarebbe uscita Heidi, nonno, caprette e compagnia cantante. E invece è sbucata Gina, donnona genuina e accogliente che ci ha fatto mangiare prosciutto, ricotta, verdure selvatiche e una crostata fatta da lei che così buona nelle pasticcerie non l’ho mai trovata. Gina si è seduta a tavola con noi, abbiamo chiacchierato di come si vive lassù. E si vive con l’enorme fatica di chi sceglie la vita semplice fatta di sacrifici di albe e sudori, ma è pur sempre una vita di raggi di sole, di profumo di fiori, del silenzio che quieta.
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Abbiamo salutato Gina, e abbiamo imboccato la strada verso Milano, pieni di tutto quello di cui avevamo bisogno più una marmellata di more. Avete presente il paradiso? Io ne ho calpestato i sentieri e quello che mi conforta è che posso raggiungerli con un’impennata di motocicletta. A ognuno il suo paradiso e come trovarlo.