Riflessioni Tunisine

Ci sono delle volte, tante, forse troppe, in cui decidiamo di partire con la necessità di staccare la spina dalla quotidianità congestionata e con la precisa idea di rintanarci in un angolo di modo e chiudere i contatti con tutto e con tutti, ignorando qualunque cosa al di fuori di quello specifico punto in cui abbiamo deciso di andare a nasconderci. Questo è il racconto delle strade che ho percorso, poche, uscendo da uno dei rifugi prescelti e andando a curiosare il mondo oltre i confini autoimposti.

Così una sera, dopo un paio di giorni sono uscita dalle porte dell’albergo per dirigermi verso Mahdia, il centro più vicino. In mezzo lungo la costa, si incontrano molte persone.
Si dice che due ruote siano sinonimo di libertà. Non lo so, la mia libertà è sempre stata uno stato mentale in primis. Mi piace immaginare quell’uomo, che finita la lunga giornata di lavoro, e con quel caldo deve essere stata interminabile, non vedesse l’ora di salire sulla sua vespa, per sentire finalmente un po’ d’aria carezzargli la faccia, asciugargli il corpo, sentirsi per un seppur breve momento leggero come un uccello, per poi fermarsi a contemplare ascoltando lo sciabordio delle onde, la vastità del mare.

Sulla strada verso il centro si costeggia il mare, così come il cimitero; non è un paesaggio triste, ma è parte integrante del tessuto prima esterno e poi urbano. Perdersi nelle viuzze strette al calar della sera ha un suo fascino discreto. Consente di cogliere i primi profumi dei fiori, degli odori delle cucine dove si inizia a preparare la cena, c’è la tranquillità della fine di una giornata di lavoro, gli ultimi schiamazzi dei bambini che rientrano nelle case, gli uomini che si ritrovano ai caffè a raccontarsi la giornata prima di tornare dalle loro mogli. Piccoli spaccati di vita quotidiana, uguali eppur diversi, in ogni dove. Passeggiando per le strade costiere della città si ha la possibilità di scorgere non solo il mare e la costa in tutto il loro splendore, ma anche i pescatori, intenti nelle attività loro quotidiane. Ora come allora non posso fare a meno di avere in mente le parole de “il pescatore” di de Andrè, anche se non dormiva e non aveva appena condiviso cibo e vino con un passante occasionale. Resta un pescatore sereno a piedi scalzi, seduto all’ombra dell’ultimo sole poco oltre il ciclo della strada, intento a ricucire la sua rete, pronta da riutilizzare il giorno dopo.
Continuando la passeggiata le meraviglie della quotidianità da ammirare non mancano, dai gatti che dormono sulle reti a riposo ai ragazzini che si rincorrono o giocano a palla, le piccole barche colorate attraccate in fila a dipingere un quadro che al tramonto da forse il meglio di sè. Non tutte le strade del rientro a casa dopo una giornata di lavoro passano per un nastro di asfalto: a volte hanno l’incedere lento e ritmico, quasi stanco, dei remi che battono l’acqua, e questi quattro uomini, uniti nella fatica di una lunga giornata guardano il mare dorato dagli ultimi raggi del tramonto prima di tuffarsi per qualche minuto di divertito ristoro.
E così come di giorno i vicoli sono deserti sotto il sole cocente, la sera strade e locali si animano, il profumo delle cucine inonda l’aria invitando alla festa, il chiacchiericcio copre il rumore dei motori in strada e la lunga giornata volge al termine con un’esplosione di vitalità. Voci, risate, schiamazzi, pesce fresco alla griglia sul ristorante sul tetto, guardando la vita scorrere in strada. la mia passeggiata così è terminata, ma non la curiosità si scoprire il luogo. Il mercato della città mi aspetta.
Le mie strade mi portano inesorabilmente verso il cibo, verso i mercati settimanali o quelli fissi, verso i profumi pungenti delle bancarelle delle spezie, fatte di colori accesi e ricordi indelebili, o quelli più difficili del mercato del pesce o della carne, magari senza banchi frigo. Amo il vociare degli scambi di vita, della ricerca dell’ingrediente giusto, del tastare e odorare. Non ho potuto non andare, già la mattina seguente, a perdermi tra le bancarelle del mercato generale di Madhia. I colori e i profumi restano indelebilmente impressi. Si deve essere a volte davvero amanti del viaggio per affrontare la luce abbacinante di certe strade durante la canicola, con il caldo che non solo ti arriva dall’alto, ma ti cuoce anche a partire dal basso. Gli occhi aperti a fessura lacrimano per la luce troppo intensa, per i bianchi talmente accecanti da diventare piatti e perdere la loro tridimensionalità, nessuno si muove, neanche un gatto.