Ricordo il mio week end a Matera con molta gioia, per la sua straordinaria bellezza e perché ci trascorsi un giorno da sola. Era la prima volta che mi trovavo in una città che non fosse la mia in solitudine e fu quella la prima occasione in cui mi sentii realmente una viaggiatrice. Era agosto, il caldo era intenso e tuttavia quell’agglomerato di sassi era talmente emozionante per i miei occhi che non smettevo di camminare, di arrampicarmi per le stradine in salita, di sostare ad ogni terrazza.
Nel momento in cui mi trovai di fronte a tutte quelle piccole abitazioni bianche avvertii la magia, il mistero, un che di prodigioso che veniva dalla valle, dagli uomini e dalle donne che nei tempi addietro avevano scavato, affrescato, coltivato, pregato. Le sue chiese, alcune baroccheggianti, ridondanti come piace a me, inducevano al silenzio e al raccoglimento e la pace che ne conseguiva era la stessa che ritrovavo nei vicoli decadenti come nelle vallate intorno. Ricordo che trovai ristoro presso una trattoria a conduzione familiare.
Volli accomodarmi ad un tavolino con la tovaglia a quadretti, nel cortile che dava su una viuzza dove di tanto in tanto qualche turista si arrestava, cartina in mano, sguardo rapito. La cuoca, un’anziana signora dalle rughe simpatiche, mi suggerì di prendere un piatto di gnocchetti al pomodoro. Li mangiai accompagnandoli con il loro vino rosso della casa. Ebbi la sensazione di trovarmi a casa di una nonna che ti offre un pasto semplice ma gustoso.
Quanto fui felice di aver imparato e scoperto, assaporato, toccato in sole ventiquattro ore l’anima di una città che per la sua bellezza eccezionale mi sedusse completamente. A Matera nacqui esploratrice, fra i suoi sassi scoprii, insieme al suo incanto, il mio desiderio di farmi incantare dal mondo.