La magia delle valli toscane

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Per questa estate abbiamo deciso, io e Andrea, di trascorrere le nostre vacanze in Italia, in Toscana per l’esattezza, per visitare in sella ad Alma (una Bmw R80 con cui mi contendo il podio di fidanzata), alcuni luoghi di questa regione che mi sono definitivamente entrati nel cuore. La scelta è stata dettata dal desiderio di “contattare” un’Italia intima, dalle dimensioni piccole, dai tempi quieti, dalla natura prospera, dai profumi e dai sapori veri e la terra toscana è tutto questo più un sacco di altre cose che ci ha donato con generosità.

Il nostro tour è cominciato con una magnifica Val di Chiana, compresa tra le province toscane di Arezzo e Siena e le umbre Perugia e Terni. Qui si adagiano colline morbide e dolci, si incontrano viali di cipressi perfettamente allineati che sembravano salutarci con delicatezza e qui sorge Civitella in Val di Chiana, un borgo minuto, pittoresco, molle, con vicoli stretti e case, portoni e piazze fatte di mattoncini (come è tipico in questa regione). Abbiamo visitato ciò che rimane del suo antico castello di origine longobarda (quasi completamente distrutto durante la seconda guerra mondiale) e su quei resti mi sono emozionata, l’aria era densa di ricordi maestosi, posso giurarlo! Poi abbiamo conosciuto un pigrissimo gatto nero su una panchina e i miei occhi hanno goduto alla vista di una ragazza seduta ai piedi della cisterna della piazza, intenta a leggere un libro: mi è parso come un fotogramma, una cartolina, quasi, il ricordo di un paese, quello italiano, di individui semplici che compivano azioni potenti, come quella della lettura.

Non c’era un museo o una cattedrale, non le dimensioni grandi delle metropoli, ma la pacatezza, profumi antichi, ciottoli caldi, la simpatia. E Massimo, della Botteghina di Civitella, ha fatto gli onori di casa, accogliendoci con salumi e formaggi buoni al punto da non dimenticarceli mai più e con un fare istrionico e un sorriso pieno, ci ha raccontato di quando una volta faceva il commercialista e poi ha capito che non voleva più fare semplicemente un lavoro, ma essere se stesso, parlare con la gente, passare il tempo a raccontare la sua terra. E allora a Civitella ho mangiato e bevuto bene, ho ammirato la sua bellezza e ho tratto un insegnamento che mi ripeto come un mantra.

Abbiamo quindi raggiunto Monte San Savino, altro borgo incantevole, che una mattina ho deciso di visitare facendo jogging, perché desideravo sentire il mio corpo lì dove il mio corpo avrebbe “sentito” davvero. Sono entrata nelle sue chiese, una con dentro dei carri funebri (Chiesa della Pieve della Misericordia), un’altra, quella di Sant’Agostino, dove risiede una commovente Assunzione del Vasari (di cui peraltro è anche la porta che fa da accesso alla città). Ho proseguito per la sua strada principale incontrando l’ingresso del rinascimentale Palazzo del Monte. Quando ho varcato la sua soglia io non lo sapevo che mi sarei affacciata su un giardino magnifico, con una porta attraverso la quale si scorge la vallata vasta e piena di una madre natura benevola. Ho respirato tantissimo, ho adorato quegli attimi suggestivi e soavi e ho corso fino a raggiungere piazza Gamurrini, bella con la guglia, il baretto, gli anziani del posto e il signore matto e sornione. L’indomani abbiamo scoperto l’esistenza del Castello di Gargonza, un borgo agricolo di origine medievale, conteso da guelfi e ghibellini un tempo, adibito, oggi, a hotel/residence. Lo si raggiunge attraverso un sentiero immerso in un bosco e in buona sostanza, se soggiorni qui, ti sembra di venire catapultato direttamente nel 1200 e ad un certo punto ti chiederai se non era uno stalliere, il signore incrociato prima, o un contadino l’altro intento a issare il secchio dal pozzo. Che meraviglia l’immaginazione. Ho annusato tutti i suoi fiori, ho accarezzato tante sue fronde, e infine, ho goduto di una vista poetica sulle valli da una sua terrazza. Gargonza è una fiaba che non avrei voluto lasciare, ma poi è giunto il momento di salutarla e con lei Monte San Savino, le sue deliziose misure piccole, le sue sacre chiese e il suo profano e veritiero vin santo e rieccoci ancora con un casco in testa, alla volta di Cortona.

Questa città mi ha conquistata, nonostante le sue ripide salite che mi hanno condotto una volta alla splendida Chiesa di San Francesco e dopo fino al Santuario di Santa Margherita. Andrea ha assecondato la mia follia quando gli ho proposto di raggiungerlo percorrendo la Via Crucis, alla conclusione della quale eravamo stremati, ma, ragazzi, vi assicuro, ne è valsa la pena, tanto la fatica è stata ricompensata dalla struggente bellezza, del luogo sacro, della vallata e dalla vista,da una curva panoramica a strapiombo, di quel mitico e argenteo lago Trasimeno. Allora, per riprenderci dall’emozione, siamo tornati ai nostri istinti terreni di fame nera e ci siamo letteralmente lanciati su un piatto di pici al ragù in piazza della Repubblica, il cuore pulsante della città, con un orologio antico e le bandiere con i simboli della contrada. Tutti dovrebbero, almeno una volta nella vita, visitare Cortona, questo è certo.

Il nostro tour in val di Chiana si è concluso a Montepulciano, in una serata fresca e piene di stelle. Siamo arrivati che era tutto già tranquillo, le strade, i locali, le case, perché in questi borghi arroccati il tempo è quello della natura, e quando cala la notte si “spenge” tutto, le voci, le luci… eppure in questo borgo che porta il nome di un nettare prelibato, ci ha accolti Mimmo, dell’osteria le Rime, che ci ha rifocillati con ricette locali e racconti amichevoli, scoprendo le origini comuni (campane) e narrandoci di incontri con turisti che hanno amato Montepulciano anche un po’ grazie a un simpatico napoletano (e ancora penso a lui e a Maria, la moglie, con sincero affetto).

Abbiamo lasciato Montepulciano e la Val di Chiana quella sera, e sulla strada del ritorno ho ripensato a quel preciso azzurro di cielo, a quell’esatto punto di verde, a quelle finestre piccole di legno, alle vecchie storie di sbandieratori e arazzi e velluti, a quell’arte precisa e perfetta di cerchi concentrici di piante cittadine per celebrare palazzi e chiese superbe, ai voli degli uccelli sui loggiati, ai vecchi signori che passano il tempo a osservare, a pensare, assorti, placidi, sereni. Tutto questo è stato quel pezzetto di Toscana, terra dei miei acerbi anni universitari un tempo, luogo dei miei pensieri adulti oggi, a cui rimarrò indissolubilmente legata per sempre.