Barcellona l’ho amata per dieci, venti, cento motivi almeno, ma uno su tutti vince facile: è una città di mare! Per me, che ho origini marinare, pensare che i suoi abitanti possano trascorrere una pausa pranzo con di fronte la distesa blu, ci possono bere il cocktail della sera e possono andare a pacificarsi o a struggersi, possono andarci a correre, possono andarci a leggere pagine di libri, per vivere in un posto immaginario lontano da Barcellona, e poi tornarci a Barcellona e al suo mare, ecco, tutto questo per me è di incommensurabile bellezza. E infatti io sono andata sulla Barceloneta per mangiare paella (senso del gusto stimolato oltremodo), in un ristorante da “riccanza” sguaiata a tratti, ma ho goduto di gusto e quindi ho ingoiato gamberi e tutto!
Ed è a quel punto che mi sono sentita pronta a conoscere i molteplici toni di Barcellona, quelli scuri della città gotica dalle chiese austere, buie, enormi, e quelli ancor più antichi dei resti di una lontanissima permanenza romana e poi quelli folli delle abitazioni moderniste che videro tra i suoi creatori il Gaudì del mio cuore. Questo ha lasciato in eredità ai “Barceloneses” un sogno surreale, fantastico, folle e immaginifico di creature mostruose ma benevoli, di onde marine, boccioli e foglie e croci sante che animavano la favola della sua anima che è diventata anche un po’ la nostra. Mi ha commosso la vista delle sue Casa Milà, Batlló, Vicens, mi ha stordito.
E mi ha sconvolto il folclore, l’intersezione di culture estranee con quella autoctona, l’ho colta in ogni scorcio, su ogni affaccio, su tutti i volti, nel cibo. Al mercato della Boqueria ho visto e assaggiato la sintesi perfetta di questa commistione, la bocca e gli occhi erano impressionati da colori e sapori decisi con punte arabeggianti che ogni volta che scorgo in un luogo mi suscitano una malinconia strana. Sono andata a smaltirla a Parc Güell, dove ho incontrato un gruppo di musicisti e un ballerino di flamenco con nacchere, tacchi e testosterone. Ho danzato anche io, all’ora del tramonto, nell’aria il profumo dei fiori, le note gitane, la favola di Gaudì, la vista del mare, la spuma, da cui Barcellona, noi, torniamo.