Quando sono andata a Pescara, qualche settimana fa, non avrei mai immaginato di fare una scoperta incredibile: l’esistenza dei trabocchi. I trabocchi (o trabucchi, come direbbero i pugliesi) sono macchine da pesca esistenti fin dal 1700, probabilmente importati dai Fenici, in ogni caso dei marchingegni geniali per pescare senza però andare in mare, al largo, con una barca. La costa abruzzese ne è cosparsa e se ne trovano alcuni anche nella zona garganica.
I miei amici, però, mi hanno fatto conoscere, nello specifico, quelli di San Vito Chietino, oggi quasi tutti adibiti a ristoranti dove si mangia una cucina tipica abruzzese divina. Il tratto di costa in questione è selvatico, roccioso, rude e scorgere questi enormi intrichi di legno che sembrano davvero sorgere dalla terra, mentre più in là il sole sta calando, è toccante. Pensi che c’è stato un tempo in cui gli uomini si nutrivano con strumenti semplici, senza nuocere la natura, ma anzi rispettandone risorse e meraviglie. Quando i raggi hanno illuminato il paesaggio di una luce calda e rossa ci siamo rimessi in macchina, per raggiungere ancora un altro posto, ancora altri trabocchi.
E così siamo finiti a Marina di San Vito, con il suo lungomare di spiaggette affollate da un lato e gruppi di vecchiette munite di ventaglio dall’altro, che osservavano con sguardo interrogativo i turisti più stravaganti (e mi è sembrato di essere un po’ come a casa, nel mio amato Sud, perché… paesino che vai, “comare” che trovi!). E qui abbiamo scelto di fare un aperitivo da Mario del Trabocco “Vento di Scirocco”. Eravamo letteralmente in mezzo al mare. Il Suono armonico delle onde. L’ultimo sole di un cielo increspato. Un odore di cibo inebriante. Non pensate all’apericena alla maniera milanese, non sarebbe abbastanza genuino, autentico, gustoso. E calorico! Perché se a tavola ti portano cozze ripiene, frittura di mare, patate e polpo e alici marinate e pure il vino locale più friccicarello del mondo e dalla finestrella della cucina intravedi la signora ingrembiulata che agita i mestoli con beatitudine, non lo puoi chiamare aperi-cena, solo aperi-amore.